aIntervista a Maurizio Calvesi a
Di Egizio Trombetta – 01.03.2011. A distanza di un anno, il professor Maurizio Calvesi, una leggenda per il mondo dell’arte nonché uno dei maggiori esperti al mondo di Caravaggio, ci rilascia una nuova intervista. Si fa il punto col professor Calvesi sull’anno appena trascorso del centenario caravaggesco e si parla della nuova straordinaria mostra che si tiene al Palazzo della Sapienza a Roma. Infine, il professor Calvesi, ci parla di un personaggio molto, molto speciale. Articolo realizzato in collaborazione di Caravaggio400.org e Caravaggio Pittore Maledetto.
anche più interessante del primo, è che, aprendo il soffitto, veniva la luce da una finestrella che era posta nella soffitta in alto. Questa era la luce spiovente dall’alto che Caravaggio ricercava e che si riconosce poi nei quadri anche nella stessa Morte della Vergine. Contemporaneamente si sa che Ribera, in un altro documento che è stato trovato, aveva chiesto il permesso al suo padrone di casa di aprire una finestra nel tetto. Questo conferma come questi pittori ricercavano proprio questo tipo di luce che spioveva dall’alto” Grazie a ad alcuni documenti inediti si è potuto riscrivere la biografia di Caravaggio. Che fece nel periodo precedente secondo lei? Si sarà pur fatto delle ipotesi… In passato, proprio alcune sue ipotesi si sono rivelate azzeccate e confermate successivamente da scoperte documentarie. “Sembrerebbe da questi documenti che Caravaggio sia arrivato a Roma verso il ’95 o ’96 però non è sicuro, potrebbe in realtà essere arrivato anche prima. C’è silenzio prima, poi c’è un documento dove si dice che nella primavera del ’96 si trovava presso Lorenzo Carli, un pittore che le fonti dicono ad essere stato il primo ad averlo ospitato a Roma. Questo fa pensare che non sia arrivato nel ’92 bensì nel ’95. Che cosa abbia fatto prima non si sa con certezza. Probabilmente s’è trattenuto in Lombardia più a lungo ed è andato sicuramente a Venezia. Oppure può aver avuto qualche tipo di impegno in Lombardia anche se noi purtroppo non abbiamo nessun documento ne opera di questo periodo” A proposito di Lorenzo Carli, che lei ha appena menzionato, c’è chi ha ventilato l’ipotesi che la sua moglie Faustina abbia potuto far da modella a Caravaggio per il quadro di Giuditta e Oleferne. Cosa ne pensa? “Si, queste sono solo ipotesi, è chiaro che prendeva come modelle come ad esempio Lena, che era una sua amante. Il fatto che Lena fosse la donna di Caravaggio dimostra fra l’altro che lui frequentasse le donne anziché gli uomini, come qualcuno sostiene senza nessuna ragione…” Alla fine del suo intervento nel catalogo c’è il suo riferimento alla scoperta fatta dall’archeologo Paolo Moreno. Moreno è risalito all’esistenza nel duomo di Milano di un arazzo donato nel 1569 da San Carlo. Una figura dell’arazzo che fu ripresa testualmente da Caravaggio nella posa dell’amore vittorioso. “Si, in quell’arazzo viene raffigurato un angelo che ha la stessa posa. I soliti critici hanno pensato che la posa dell’Amore Vittorioso fosse sconveniente e sconcia perché ha una gamba strana appoggiata sul letto. La posa dell’angelo di Caravaggio è la stessa dell’arazzo. In realtà sull’argomento ho scritto un articolo. L’Angelo, sia nel caso dell’opera di Caravaggio sia nel caso dell’arazzo del Duomo di Milano, ha una posizione di dominio e di forza dunque non sconveniente come sostengono alcuni!” Alla mostra di Sant’Ivo alla Sapienza c’è anche il ritratto di Paolo V Borghese. E’ autentico oppure no? “Dunque, io l’avevo già visto in casa Borghese e l’avevo giudicato come molti l’avevano giudicato un’opera bella ma non di Caravaggio, bensì forse di Ottavio Leoni. Ora, il restauro, ha potenziato di molto questo quadro. Il quadro è molto bello per cui l’attribuzione a Caravaggio diventa verosimile. La presenza del quadro nella mostra è utile in quanto fa vedere un quadro su cui rimane un’incertezza se sia di Caravaggio o si Ottavio Leoni. Personalmente non penso sia di Caravaggio pur avendo visto il quadro adesso dopo il restauro” Sempre in tema di attribuzioni. Sono entrato in contatto con Sir Denis Mahon e lui ha difeso il suo giudizio sulla Presa di Cristo collezione Sannini. Il quadro di Bigetti. Quale è la sua opinione a riguardo? “Ma secondo me il quadro di Bigetti è un bellissimo quadro ma non è un quadro di Caravaggio. Non so Denis Mahon che cosa ha detto. Debbo dire che ultimamente Denis Mahon è diventato un po’ generoso nelle attribuzioni ma certo il suo parere è sempre molto, molto importante. Ma perché lui che cosa ha detto?” Mahon ha ribadito che sia il quadro di Dublino, sia quello di Bigetti sono opere di mano del maestro. “Beh il quadro di Dublino è stupendo, non c’è dubbio che sia di Caravaggio. Quest’altro invece c’è da avere dei dubbi” Lei immagino abbia incontrato più volte Denis Mahon nel corso della sua carriera. “Ma, guardi, Denis Mahon l’ho incontrato la prima volta intorno al 1951, prima della famosa mostra di Milano. Lui si aggirava nelle sale con una lente, ricordo, scrutava i quadri. Ma non lo conobbi personalmente in quell’occasione. Feci la sua conoscenza invece nel 1955 quando fece il catalogo della mostra dei Carracci, che si faceva a Bologna. Lui lo scrisse in inglese e io feci la traduzione in italiano, poi insieme rivedemmo questa traduzione. E debbo dire che nel ’55 mi sembrava un vecchio e invece non aveva ancora cinquanta anni. Lui è sempre rimasto quasi lo stesso. Negli ultimi anni ha qualche difficoltà ovviamente, cammina male, non è più lo stesso, però fino a qualche anno fa, fino ad oltre i novanta anni è rimasto sempre identico” Che ricordo ha di lui a livello personale? “Lui è una persona molto pignola e scrupolosa. E’ quella persona che tutti conoscono, un grande studioso di grande intuito. Ha avuto la fortuna di essere ricco e di poter acquistare negli anni cinquanta una serie di quadri del seicento che allora costavano poco. Allora certi quadri non erano ancora rivalutati come quelli dei Carracci e di Guido Reni. Lui è stato anche molto generoso anche perché ha regalato molti di questi quadri a Bologna città. Un uomo a cui fare tanto di cappello e che fa piacere vedere ancora vivo e lucido a cento anni” CLICCA QUI PER L'INTERVISTA A MAURIZIO CALVESI DEL 2010
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