Maurizio Marini, l’ultima pagina

 

   

Di Egizio Trombetta  Un pomeriggio per ricordare Maurizio Marini - I suoi compagni di viaggio più cari, Claudio Strinati, Alessandro Zuccari, Rossella Vodret, Monsignor Sandro Corradini ricordano il loro caro amico attraverso racconti inediti.  Si prega di postare eventuali commenti sul sito Caravaggio400 poiché questa funzionalità è stata temporaneamente disabilitata in questo blog.

20.03.2015. ROMA. Collegio Romano - Da tempo gira una voce secondo cui chi si occupa di Caravaggio viene sfiorato dai demoni dell’impulsività, della passione e dell’amore impetuoso. Ma sarà proprio vero? Non dico di no, non dico di si, lascio a voi il dubbio.  Quando si tratta di Caravaggio accadono cose insolite:  storici dell’arte che si azzuffano per un’attribuzione, amici che si immergono sorprendenti diatribe per una manciata di post su facebook (!) e altri ancora che si trascinano rancori lunghi una vita intera. Caravaggio è messaggero di bellezza ma anche di una misteriosa energia esplosiva… che coinvolge, ubriaca, appassiona, che ci rende belli, più veri, più simili al lui. Maurizio Marini, indubbiamente, fu sfiorato dalle ali di questo misterioso demone. Un’amicizia, quella col Marini, che non seppi  pronosticare, che fu in grado di illuminarmi, stimolarmi, guidarmi per tutto il tempo in cui i nostri

destini si trovarono affianco. Chiunque abbia maturato delle esperienze insieme a Maurizio Marini, può comprendere bene di cosa stia parlando. Ad ognuno è rimasto il calore, la sapienza, l’impeto e la comicità della sua essenza vitale.  A ricordare Marini, lo scorso 7 ottobre erano presenti i suoi compagni di viaggio, i soliti, i più affezionati: Claudio Strinati, Alessandro Zuccari, Rossella Vodret e, ovviamente, Monsignor Sandro Corradini che era anche suo padre spirituale e confessore. Invitando il lettore a prendere visione del video pubblicato unitamente a queste righe, propongo di seguito un estratto parziale dei discorsi delle persone intervenute:

Claudio Strinati: "La sua dottrina è calata molto più nei colloqui, negli incontri, nelle battute e nelle telefonate che nei suoi libri. E anche per Marini, malgrado le opere le monumentali che ha scritto, moltissimo della sua sapienza è svanita così nell’aria. Non c’era cosa più bella che visitare una mostra con Maurizio Marini. Mentre Longhi, in una caldissima mattina di Luglio del 1970 esalava l’ultimo respiro, un ragazzo promettente e studioso stava alla sua scrivania scrivendo centinaio e centinaia di carte a mano, con la penna – non c’era di certo il computer  o altro – per costruire una grande monografia sul Caravaggio. Raccogliere l’eredità degli studi di Longhi e portarli avanti, ma questo ragazzo che è Maurizio Marini, non appartiene alla scuola longhiana, non apparteneva a nessuna scuola a dire la verità. Era un giovane che si stava avviando alla carriera di insegnante, aveva intrapreso l’università in architettura. Era un bel giovane allo stesso tempo fine e un po’ popolaresco nel modo di esporsi, ma sembrava realmente l’erede, in qualche modo deputato dal cielo, dell’occhio infallibile e della capacità di ricerca e scrittura di Roberto Longhi.  Ora, tutto quello che ho detto adesso, non l’ho detto io, sono le parole con cui Federico Zeri, il grande conoscitore, mi parlò per la prima volta nella mia vita di Maurizio Marini. Un giorno, io ero giovane, ero andato a trovare Federico Zeri e lui mi disse: “ma lei conosce Maurizio Marini?” - No gli risposi – “Ah, ma lei non sa, questo ragazzo è un vero genio e mi ha dato da leggere in bozza un libro straordinario che ha scritto sul Caravaggio” Ma ormai sul Caravaggio è stato detto tutto – risposi io. Lui mi rispose: “Si fidi, ecco il suo telefono, lo vada a trovare.”. Me lo ricordo bene, con quegli occhi che ho sempre giudicato gli occhi del grande conoscitore.  Quegli occhi che ti bucano e ti trapassano, un po’ piccoli e stretti da cui promana un’intelligenza preoccupante, una specie di raggio laser che ti buca il cervello e che infatti, mi induceva sempre quando parlavo con lui a guardare da un’altra parte.  Lo chiamai. Mi disse al telefono:”vieni a bere un po’ di champagne con me” - Cos’è l’erede di D’annunzio? Mi sono detto – andai a trovarlo nella sua casa dell’epoca, ci salutammo, lo guardai ed ebbi la sensazione che erano ancora gli occhi di Federico Zeri che mi stavano guardando.  Aveva lo stesso sguardo prensile e penetrantissimo. E tutto sommato non si capiva bene quanto fosse bonario e quanto fosse crudele.  Questo Zeri ce l’aveva in sommo grado, ebbi la sensazione che anche Maurizio Marini l’avesse, in realtà la sensazione era sbagliata, c’era in lui solo la parte buona. Da allora in poi la nostra vita è proseguita fino all’ultimo giorno"   

Alessandro Zuccari: “Era un pozzo di informazioni. Per giovani studiosi, come eravamo io e Stefania Macioce, lo conoscemmo quasi insieme, l’amicizia era nata sotto il segno di Caravaggio, Era un pozzo di informazioni, ma non solo di informazioni filologiche, riguardo all’ultimo articolo a riguardo alla natura morta, tema che peraltro l’ha interessato moltissimo, ma anche informazioni di contatti e di relazioni. Uno studioso che amava relazionarsi non solo con il mondo dell’arte, ma con tutti quelli che a vario titolo e per vari motivi capitavano sulla sua strada. E’ un fatto che, conoscendo il mondo degli studiosi non è del tutto consueto.  Questa facilità all’incontro credo fosse un’attitudine. Lui diceva: beviamo uno spumante insieme o beviamoci un bel rosso, anzi possiamo dire che amava i vini siciliani in particolare. Il corvo di salaparuta lo offrì lui la prima sera che ebbi modo di incontrarlo proprio in un’occasione caravaggesca nel segno di un’amicizia vivace, colta, aperta anche alle situazioni più impreviste. Entrando nella sua casa non si poteva che rimanere ammirati mentre si dribblava tra pile di libri la cui stabilità era sospetta ma in realtà reggevano. Si rimaneva sorpresi di come riuscisse in un’organizzazione molto strana, molto razionale, una confusa armonia. Perché, una fotografia, del sacrificio di Isacco Johnson veniva trovata in una pila incredibile di fotografie e di libri esattamente nel punto in cui si trovava, in maniera formidabile.  E’ chiaro che ognuno ha la tua organizzazione, ma in Maurizio era evidente un desiderio di conoscere, acquisendo, ed è per questo che forse ha dedicato la sua vita al Caravaggio, e non solo, immettendo tra le conoscenze molte cose che altri studiosi che normalmente ignoravano. Per questo era uno studioso che amava il rigore filologico, ma che aveva una grande di comunicazione. Bisogna ricordare come Maurizio Marini abbia saputo trasmettere attraverso trasmissioni televisive e programmi radiofonici un sapere storico artistico con grande immediatezza e capacità comunicativa. Ma in realtà, questo suo unire, il tratto dello studioso con quello della persona aperta che subito stringe amicizie. Io mi sono ritrovato amico di Maurizio Marini grazie alla sua disponibilità, grazie alla sua simpatia e amabilità. In quella casa potevano entrare i giovani studiosi e, effettivamente, era lui a condurre anche i giovani studiosi aprendo finestre, suscitando interesse, indicando prospettive di ricerca.  

Rossella Vodret:  "Maurizio Marini, tanto outsider non lo era. Lui è stato uno dei miei grandi maestri. Maurizio Marini è stato proprio Claudio Strinati che me l’ha fatto conoscere in sovrintendenza. Maurizio era riuscito ad avere un finanziamento per restaurare un quadro, cosa in quell’epoca non proprio comunissima. Claudio e Maurizio decisero per questa occasione di restaurare il Narciso di Caravaggio che si trovava all’epoca alla Galleria Barberini dove lavoravo. Mi ricordo che fui convocata nella stanza di Claudia in presenza di Maurizio chiedendomi se me la sarei sentita di occuparmi di questo quadro.  Ovviamente accettai. E li è cominciato questo mio rapporto con Maurizio, questa quotidianità, nel seguire questo restauro. Mi colpì subito, questa assoluta identificazione di Maurizio con Caravaggio. Ho un ricordo molto personale che mi ha dato la dimensione dello spessore umano di Maurizio, quando nella fine del giugno 2011 ho perso mia madre. Mi commuove ancora pensare a quell’sms che mi mandò, di un’intensità e di un’essenzialità veramente incredibile, perché andò a toccare nei pochi caratteri dell’sms il nodo fondamentale di quelli che potevano essere i rapporti tra una madre e una figlia e questo non me lo dimenticherò mai… come non dimenticherò mai un altro sms, quello che mi mandò Giorgio Leone all’inizio di agosto, sempre del 2011 quando mi annunciò che Maurizio Marini non era più fra noi. E, fu un momento terribile, un dolore sordo, fortissimo. Anche il rimpianto di non aver detto tutto, di non aver comunicato tante cose, i sentimenti, le parole. Avevo l’impressione di aver perso tanto tempo.  Ancora oggi mi ritrovo spesso, mentre sto scrivendo qualcosa,  a pensare: ora telefono a Maurizio, e glielo chiedo. Ma purtroppo, non posso più"

Don Sandro Corradini: "Come è nata la nostra amicizia? Non lo so nemmeno io, come nascono tante cose. Ricordo semplicemente che mi stavo divertendo a studiare le committenze del Sant’Agostino e logicamente mi sono imbattuto nella cosiddetta Madonna di Loreto o dei Pellegrini. Da buon marchigiano (ndr Loreto si trova nelle Marche) mi sono interessato in questa atipica proposizione  di un’iconografia così lontana da quella tradizionale. Da li cominciarono a nascere dei dubbi e venni a sapere che c’era uno studioso, che poi si trovava vicino di casa, si trattava di Maurizio. Nacque da subito un interesse reciproco a darsi una mano e posso dire che sono colui che ci ha guadagnato di più. Discutevo con lui ogni qual volta che ritornavo dall’archivio quando avevo ritrovato qualche documento. Per me era necessario confrontarmi con lui per non aprire o tentare di aprire delle porte già spalancate. E vedevo la sua curiosità tipica di un’intelligenza viva che si rimette continuamente in discussione. C’era il comune intento di superare quell’idea di un Caravaggio dissacratore di tutto, pieno di se, che lo portava ad uscire dalla fede cattolica. Maurizio mi ricordava sempre che Caravaggio ebbe uno zio prete e un fratello prete. Quindi una riscoperta graduale di quello che poteva essere il mondo interiore di Caravaggio, superamento di quello schema ottocentesco del pittore maledetto, di quella enfatizzazione sciocca di comodo di un Caravaggio che sta sempre a combattere con la giustizia. Ma erano poi piccole cose, piccoli incidenti di percorso.   L’animo di Maurizio l’ho visto un po’ speculare alla vicenda umana di Caravaggio, quasi come tutti i suoi anni passati a “caravaggiare” possono essere stati capaci di creare una similitudine. E nonostante le sue forme un po’ così ogni anno, quando si avvicinava la Pasqua Maurizio mi chiedeva:”Don Sandro, io mi devo ripulire l’anima, cerchi di lasciarmi una mezzoretta libera”. Ho visto in Maurizio un accostamento graduale della spregiudicatezza di Caravaggio, ma anche di questa interiorità che ha me ha fatto tanto piacere quando come tutti voi abbiamo avuto la notizia di quanto stava succedendo (dell’incombere della grave malattia n.d.r. ) mi sono tranquillizzato perché poche settimane, prima di partire da Roma, mi chiese quella “ripulita annuale”.  Un uomo che nella sua complessità ha camminato nel percorso di assimilazione anche al messaggio cristiano tanto da rendere “vera” quella scritta: l’Umiltà vince la superbia”.

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