Intervista a Mauro Biglino 2.0.
di Egizio Trombetta - 03.09.2015. Intervista a Mauro Biglino e a Rav Riccardo Di Segni, rabbino capo della comunità ebraica di Roma. Mauro Biglino ha collaborato per le Edizioni San Paolo in qualità di traduttore per circa dieci anni. Un bel giorno Mauro decide di iniziare a raccontare quello che a lui sembrava di leggere dai cosiddetti testi sacri. Perde immediatamente il lavoro con le Edizioni San Paolo. A questo punto Mauro ha una sola prospettiva: andare avanti e dimostrare a tutti di non essere un visionario. Biglino sostiene con veemenza che a noi, a riguardo del Vecchio Testamento, hanno raccontato tutta un’altra storia. Il suo pensiero, in estrema sintesi, lo possiamo dedurre dal titolo del suo ultimo libro edito da Mondatori: La Bibbia non parla di Dio. I commenti sono ora attivi sul blog.
La Bibbia è, a mio avviso, uno dei tanti libri che l’umanità ha scritto nel corso della sua storia e che racconta delle cronache, come tutti i libri di storia. Ha delle caratteristiche tipiche dei libri di storia, ha delle verità, contiene delle iperboli, contiene delle sottolineature, contiene ovviamente anche delle dimenticanze volute e delle contraddizioni. Di li in avanti si sviluppano tutte le analisi”. Credo sia utile chiarire il concetto di “nomi di Dio”. Non tutti sanno che nei testi originali non troviamo il termine “Dio”, troviamo dei termini in ebraico che vengono tradotti in Italiano in Dio, Signore, Altissimo e l’Eterno. Nei testi originali troviamo invece termini quali Elohim, Elyon, El Shaddai, El, Eloha, infine troviamo il tetragramma, YHWH (יהוה si legge da destra verso sinistra yodh-he-waw-he), si tratta di quattro consonanti successivamente vocalizzate in diversi modi, ma la vocalizzazione più comune è quella di Yahwèh. “Intanto c’è un dato di fatto che è incontrovertibile, lo so che può sembrare una cosa stranissima, ma nella lingua nella quale è scritto l’antico testamento, ovvero nell’ebraico biblico, non c’è il termine che significa Dio. Non c’è il concetto di divinità così come lo intendiamo noi nel pensiero religioso. Tu hai nominato sostanzialmente tutti i termini che sono utilizzati nell’antico testamento. Sono tutti termini che si riferiscono a delle caratteristiche di una serie di individui di cui alcuni sono indubitabilmente degli individui singoli, come ad esempio Elyon e Yahwèh. Altri, come quelli identificati ad esempio con il termine Elohim, sono indubitabilmente riferiti ad una molteplicità di individui. Tradurre con Dio significa compiere una traduzione su base teologica, non su base linguistica. Questo è una delle poche cose su cui direi non dovrebbero esserci dubbi. Il significato reale del termine Elohim nessuno lo conosce, si fanno tante ipotesi. Viene tradotto come quelli dell’alto, i potenti, gli splendenti, i magistrati, i giudici. Viene inoltre tradotto con il legislatore supremo o i legislatori supremi, ma nessuno degli esegeti – e mi sto riferendo all’esegesi ebraica - arriva a tradurre col termine Dio così come lo intendiamo noi (n.d.r. cattolici). Vengono sempre utilizzati per la traduzione dei concetti che sono degli aggettivi che servono a definire delle caratteristiche da attribuire a degli individui, in particolare per quanto riguarda il termine Elohim. Hai citato giustamente Elyon che viene tradotto con Altissimo, questa è forse la traduzione più congruente fra tutte quelle che vengono usate perché in effetti significa quello che sta sopra. In realtà tradurlo con Altissimo significherebbe introdurre un superlativo assoluto che invece non è presente nella lingua ebraica. Però diciamo che tradurre Elyon con Altissimo possiamo ritenerlo accettabile, visto che il termine ebraico significa “quello che sta sopra”. Tradurre Yahwèh con Dio oppure col Signore o con l’Eterno è un puro artificio perché non si sa cosa significhi quel tetragramma”.
Per le Edizioni San Paolo hai collaborato per realizzare ben diciassette libri , fa impressione leggere nelle pagine iniziali i ringraziamenti di Monsignor Piergiorgio Beretta. Poi il rapporto si è interrotto con le edizioni San Paolo, come è andata? “In totale ho tradotto diciannove volumi, ma ne sono ne stati pubblicati solo diciassette. Quando l’editore si è accorto che ho iniziato ad esternare queste cose, il rapporto si è interrotto immediatamente. Poi, tra l’altro, in alcuni volumi c’è la dedica, dove ho fatto un semplice lavoro redazionale, sia sul libro della Genesi che sul libro dell’Esodo. Ci sono poi altri due volumi, che contengono i diciassette libri da me tradotti, dove il mio nome è in quarta di copertina”. Quali sono questi due volumi? “Le Cinque Meghillôt e i Dodici Profeti, in quei volumi c’è scritto in quarta di copertina: traduzione di Mauro Biglino, perché in effetti la traduzione pubblicata è la mia”.
Per te questa collaborazione significava anche percepire un compenso, giusto? “Si certo, era un lavoro”.
E non hai previsto che iniziando a dire questo tipo di cose saresti andato incontro a qualche problema con il tuo editore? “Ero sicuro che avrei perso il lavoro non appena avessi cominciato a raccontare le mie cose, ma è una scelta che ho fatto. Se vuoi è una scelta incosciente, anzi no: consapevole. E’ stata una scelta non facilissima, ma l’ho fatta. Volevo aggiungere che in questi libri delle Edizioni San Paolo il termine Elohim non è tradotto, ma è trascritto Elohim così com’è, perché è l’unica cosa corretta da fare”. A riguardo della traduzione del termine Elohim ho notato che nel libro dei Salmi - pubblicato di recente dalle Edizioni San Paolo - il Salmo 82 Elohim viene invece tradotto con “Dei” invece di riportare il termine ebraico, in chiara contraddizione con le altre traduzioni della stessa opera, dove i nomi di Dio non sono tradotti. Sempre nel salmo 82, fa specie notare che Elyon non viene tradotto in italiano, ma Elohim si, col termine “Dei”. Forse per confondere le idee al lettore? “Il Salmo 82 è molto problematico per la teologia, molto problematico! Nel salmo 82 la teologia deve fare un grande esercizio di esegesi e di interpretazione e di tentativo di spiegazione. Il salmo 82 parla di un’assemblea degli Elohim, dice che c’è un presidente dell’assemblea che è molto arrabbiato con i suoi sottoposti colleghi Elohim perche non governano come dovrebbero. Alla fine dell’assemblea questo presidente dice a questi partecipanti all’assemblea: si è vero, voi siete degli Elohim figli di Elyon, ma ricordatevi che dovrete morire come tutti gli Adam. Questo è assolutamente problematico per l’esegesi teologica. Ma alla luce invece della Bibbia degli Elohim, quel salmo è invece semplicissimo da interpretare”.
Farò un po’ di pubblicità per le Edizioni San Paolo, ma credo che per capire quanto affermi possa essere utile procurarsi i volumi con la traduzione interlineare della Bibbia. Sfogliando le pagine dei testi tradotti con la traduzione interlineare ci si accorge si scoprire un altro mondo, concordi? “E’ un altro mondo”. Ho cercato di fare le cose per bene prima di incontrarti per l’intervista. Ho tentato di consultarmi con un biblista in merito alle tue considerazioni sulla Bibbia. Ho chiesto supporto a due biblisti cattolici ma purtroppo non ho ottenuto la loro disponibilità. Successivamente ho contattato il collegio rabbinico di Roma e dopo un paio di giorni, sorprendentemente, mi è stato comunicato che avevo addirittura la disponibilità del Rav Riccardo Di Segni, rabbino capo della comunità ebraica romana. Ricevuto pochi giorni dopo nel suo ufficio rabbinico, la prima cosa che gli ho chiesto – come potrai vedere tu stesso in un video – è la sua disponibilità ad incontrarti per un confronto. Ho ripetuto il mio invito a telecamera spenta poco prima di salutarlo e mi ha ribadito il suo assenso. Il Rav Di Segni ha dimostrato un’apertura verso questi temi assolutamente straordinaria. Per te andrebbe bene incontrarlo per un confronto? “Ma nel mondo ebraico c’è una grande apertura. C’è un’apertura che non è neppure paragonabile rispetto al dogmatismo che c’è nella chiesa cristiana. Il mondo ebraico è un mondo che studia è un mondo che sa che c’è necessità di capire, all’interno della cultura ebraica tra l’altro sono espresse tutte le posizioni possibili. All’interno della cultura ebraica si va dall’ateismo più puro, dichiarato, sino alla ultraortodossia più reazionaria. All’interno della cultura ebraica c’è posto per tutte le posizioni. Per il confronto ti posso dire che da mesi il mio editore sta cercando di organizzare una cosa del genere e abbiamo avuto già l’assenso del rabbino capo della comunità ebraica di Torino e di un teologo protestante. Stiamo cercando un teologo cattolico. E’ prevista una data per marzo 2016”. Ma è così importante la partecipazione di un teologo cattolico? Il tuo lavoro si basa essenzialmente sul vecchio testamento, ritengo basilare un confronto principalmente col mondo ebraico… “Si, ma è fondamentale, visto che siamo in ambito cristiano, che siamo in Italia, dove c’è il Vaticano, è fondamentale che lo stesso palco ci siano ebrei e cattolici, perché la gente deve capire. Non per avere la verità, tanto non c’è l’avrà. All’interno dello stesso mondo ebraico le verità possibili rappresentate sono tutte, ma la gente deve capire come ciascuna corrente di pensiero si è costruita la sua. Siccome qui in Italia il cattolicesimo è predominante è fondamentale che sia presente nell’ambito di un confronto”.
Ma secondo te, i biblisti cattolici, hanno la preparazione adeguata per poterti affrontare? “Beh, i biblisti cattolici ci sono, ci sono i docenti delle Università Pontificie. Fin ora non abbiamo avuto risposte positive, ma speriamo prima o poi di averne”. Tu pensi che prima o poi un biblista cattolico si possa fare avanti? “Io penso di si”. Nel caso non si farà avanti nessun biblista cattolico, potresti fare il confronto solo coi biblisti ebrei? “Vedremo. Non devo fare un confronto personale, quello che è importante è che si capisca come vengono costruite le religioni a partire da un testo”. Dunque saresti disposto a un confronto col Rav Ricardo Di Segni? “Già la stiamo organizzando qui col rabbino capo della comunità ebraica di Torino. Così come la farò col rabbino capo della comunità ebraica di Torino, non ho nessuna difficoltà a farla anche col rabbino capo della comunità ebraica di Roma. Certo che sono d’accordo”. Ora ti chiedo di ascoltare il commento del Rav Di Segni su alcuni punti del tuo pensiero. Gli chiedo di leggere pagina 119 del tuo ultimo libro La Bibbia non parla di Dio e gli chiedo di esprimere un’opinione in merito. Nel testo proposto, tu ribadisci alcuni concetti base del tuo pensiero: Elohim non significa Dio; gli Elohim erano individui in carne e ossa; gli Elohim si univano sessualmente con le femmine Adam procreando; gli Elohim si sono spartiti le terre a seguito di decisioni assunte dal loro comandante Elyon; Yahweh non era che uno dei tanti Elohim operanti nel teatro mediorientale; a Yahweh venne assegnata la porzione di una famiglia, quella di Abramo, mentre alcuni rami della stessa famiglia furono destinati ad almeno tre diversi Elohim. La risposta del Rav Riccardo Di Degni è stata la seguente:<<Rispetto a questo posso dirle che non c’è nessuna novità rispetto a quello che dice, sono concetti ben noti. La parola Elohim può significare cose differenti, può significare persone speciali, può significare Giudici e può essere un modo per indicare Dio. Dunque Il termine significa anche Dio. Che il termine Elohim sia grammaticalmente plurale è noto da fin dall’inizio della storia, non c’è nessunissima novità e anche nell’antichissima esegesi notavano che c’è un’incongruenza di questo nome che compare nella prima frase della Genesi: All’inizio creò Elohim il cielo e la terra. Creò è singolare, Elohim è plurale. Nessuna novità in quello che dice. A riguardo il termine ebraico barà, Biglino dice che barà significa modificare qualcosa di già preesistente , ma ci sono diversi termini che indicano in ebraico la creazione o la trasformazione, dunque non si tratta di scoperte. La tradizione esegetica religiosa si orienta verso un certo tipo di interpretazione, la tradizione ebraica si orienta non verso un solo tipo di interpretazione ma verso un gruppo di interpretazioni differenti>> . Mauro, cosa ne pensi su queste affermazioni del Rav Di Segni? “Fantastico. Una cosa che è fondamentale, il Rav Di Segni dice che certe cose le si conoscono da millenni. Ne sono contento. Durante le mie conferenze dico sempre: non ho scoperto nulla e non faccio altro che raccontare ciò che leggo. Il fatto che si sappia da millenni però dovrebbe essere di larga diffusione. Se si chiede alla gente, la gente non le sa queste cose qui. Neanche tutti gli ebrei sanno tutto questo. Quindi, se si sanno da millenni, diciamole alla gente, altrimenti queste informazioni rimangono nell’ambito degli studiosi e la gente continua a credere ciò che viene raccontato pubblicamente. Questo è, se vuoi, la stupidità del mio lavoro, dire apertamente le cose che il rabbino capo della comunità di Roma dice in questa sede. Diciamole queste cose, diciamole”.
Quando il termine Elohim – che ha come abbiamo visto ha la desinenza del plurale – è accompagnato da un verbo al singolare, come troviamo nella prima riga della Genesi, come andrebbe tradotto? “Il significato del termine Elohim, dal mio punto di vista non cambia. Fermo restando che la certezza su cosa significhi Elohim nessuno al mondo ce l’ha. Dunque io preferisco non tradurlo. Dico quindi che qualsiasi cosa significhi Elohim rimane invariato, sia che abbia il verbo al singolare, sia che abbia il verbo a plurale. Che cos’è che cambia? Che probabilmente gli scrittori, mi riferisco agli autori biblici, quando usavano il verbo al singolare intendevano il gruppo degli Elohim che agisce al suo complesso; oppure si riferivano ad un Elohim specifico quando ad esempio nominavano un individuo specifico, come Yahwèh. Così come chiamano l’Elohim Kamosh, così come chiamano l’Elohim Milcom , così come chiamano l’Elohim Astarte nella Bibbia, identificano quindi per nome, uno degli Elohim. In quel caso, è chiaro, si riferiscono a uno. Quando parlano di Elohim in generale è perché danno l’idea della molteplicità degli individui. Ma farò un esempio molto semplice: oggi pomeriggio Renzi, il capo del governo, fa una conferenza stampa e dice testualmente: il governo ha deciso, abbasseremo le tasse. Chi è il soggetto di ha deciso? Il governo. Chi è il soggetto di abbasseremo le tasse? Sempre il governo. Il soggetto è sempre lo stesso, abbiamo il verbo al plurale e il verbi al singolare, non cambia nulla, non c’è nessun mistero. Ce l’abbiamo sotto gli occhi, è stessa cosa”. Il Rav Di Segni sostiene che il verbo usato nelle prime battute della Genesi, barà , è uno verbi possibili per indicare creazione. Tu immagino non sarai d’accordo. “Dicevo prima che all’interno del pensiero ebraico sono riportate tutte le posizioni, se si leggono gli studi dei rabbini pubblicati dalla Jewish Publication Society nelle pubblicazioni ufficiali, si dice che il racconto di Genesi della creazione non è altro che il racconto di una serie di divisioni. Divisioni cosa vuol dire, intervenire in una situazione già esistente per fare opera di separazione, mettere ordine in una situazione nella quale non c’era ordine o comunque non c’era ordine a sufficienza per utilizzare ciò di cui gli Elohim avevano bisogno per i loro obbiettivi. Il termine barà, anche qui se se leggiamo gli studi, sia di epigrafisti, sia di docenti dell’Università, come ad quelli del professor Garbini dell’Università La Sapienza di Roma, dice che barà non significa creare in nessuna lingua semitica, non solo in ebraico. Quindi, tutte le posizioni sono possibili. Allora che cos’è che ci aiuta? E’ il contesto. E’ chiaro che se noi prendiamo il verbo barà e lo tiriamo fuori dal contesto e ci mettiamo a discutere a tavolino su cosa significhi, non ne verremo mai a capo. Andiamo a vedere cosa dice la Bibbia ogni volta che usa il termine barà. In uno dei miei libri ho analizzato più di trenta ricorrenze del termine barà e in tutti i contesti mai si indica creare, tantomeno creare dal nulla. Dopo di che tutte le posizioni sono possibili, ci mancherebbe, però allora bisogna comprendere che se tutte le posizioni sono possibili, nessuna è certamente quella vera. Quando si dice: Dio ha creato, meglio dire: facciamo finta che Dio abbia creato, perché non lo sappiamo”. Il Rav Di Segni – lo hai sentito anche tu nel video – sostiene che il termine Elohim ha diversi significati, può significare persone speciali, può significare Giudici, può significare Dio. “Non sono d’accordo per un semplice motivo, perché i vari significati vengono attribuiti di volta in volta a seconda della necessità di interpretare il singolo testo. Per questo che io dico se vogliamo essere intellettualmente onesti allora non dovremmo mai tradurlo. E, senza mai tradurlo, si possono capire un sacco di cose, è un suggerimento che sto dando ultimante alle mie conferenze. Altrimenti succede che quando conviene lo traducono come Dio, quando la traduzione come Dio non conviene più allora lo traducono come Giudici. Se si fa così vuol dire che ogni volta si inventa la traduzione più conveniente. Io dico non è corretto, non è intellettualmente corretto. Lasciamolo sempre Elohim, senza tradurlo. Tra l’altro, se lo lasciamo sempre Elohim, non entriamo nel tunnel delle contraddizioni dove ogni volta dobbiamo spiegare che cosa si intende. Non c’è bisogno di spiegare, perché la Bibbia è chiarissima”. Ma non può essere che il termine Elohim, nel corso del tempo, abbia di fatto assunto il significato di Dio? “Ah certo. Da quando si è deciso, dal punto di vista teologico di prendere Yahwèh e farlo diventare il più grande degli Elohim e poi l’unico è chiaro che gli è stato calato dentro il significato di Dio, ma è un’elaborazione teologica successiva. Se noi leggiamo il testo e andiamo a vedere che cosa gli autori biblici attribuivano come azioni, come intendimenti, come comportamento agli Elohim, vediamo chiaramente che erano individui in carne ed ossa. Ho fatto un raffronto preciso tra passi biblici e una stele moabitica (n.d.r. la stele di Mesha), cioè dei cugini degli israeliti, dove li c’è un re, re Mesha,che è conosciuto dalla Bibbia perché citato, dove parla del suo Elohim che si chiama Kamosh e ne parla esattamente come gli autori biblici parlano del loro Elohim, che si chiama Yahwèh. Da questa analisi precisa, parallela, viene fuori che in realtà l’Elohim Kamosh e l’Elohim Yahwèh facevano le stesse cose, volevano le stesse cose, avevano le stesse esigenze, si comportavano esattamente nello stesso modo. Dunque il termine Elohim è bene non tradurlo. Vogliamo tradurlo con Dio? Benissimo, allora diciamo che il dio Yahwèh e il dio Kamosh erano assolutamente uguali, non cambia nulla. Qualunque traduzione si voglia dare al termine Elohim bisogna prendere atto che nella Bibbia quel valore li, lo attribuisce a tanti Elohim e a tutti nello stesso modo, quindi non cambia nulla”. Avresti il desiderio di ascoltare il pensiero di Rav Di Segni in merito a qualche passo biblico in particolare? “Ad esempio sul Salmo 82, oppure Giudici 11,24, passo in cui il giudice di Israele, che non è chiamato Elohim, tra l’altro, è chiamato Shofet (n.d.r. giudice), si chiama Jeftè, si rivolge al re degli ammoniti e gli dice: il tuo Elohim ti ha dato quelle terre e tu te le tieni, il nostro Elohim ci ha dato queste terre e noi ce le teniamo, cioè li mette esattamente tutti sullo stesso piano. Oppure il passo del libro del libro dei Re in cui Yahwèh è molto arrabbiato con Salomone e gli dice: io ti toglierò il regno perché tu ti sei inchinato di fronte all’Elohim Kamosh, all’Elohim Milcom e all’Elohim Astarte. Questo vuol dire che Salomone non sarebbe stato in grado di distinguere la differenza fra Yahwèh dio e gli altri Elohim che secondo queste traduzioni sarebbero stati dei normalissimi giudici umani? Ma come è possibile che Salomone non cogliesse questa differenza? E come è possibile che Yahwèh si arrabbi con lui proprio perché Salomone era talmente sprovveduto da far erigere luoghi di culto tra Kamosh e Milcom, ovvero dei giudici? Per questo dico, non traduciamo Elohim, andiamo a vedere cosa dice il contesto, perché il contesto ci spiega tutto”. Riesci ad essere molto convincente a riguardo del Vecchio Testamento, ma non risulti altrettanto convincente a riguardo invece del Nuovo Testamento. Perché? “In realtà non mi occupo a livello pubblico del Nuovo Testamento, quindi quando mi capita ne faccio qualche cenno, mi vengono fatte delle domande e allora per non sottrarmi a delle domande do delle risposte brevi, sintetiche, ma ufficialmente non me ne occupo, non ho mai espresso un pensiero compiuto sul nuovo testamento e al momento continuo ad occuparmi del Vecchio Testamento intanto perché lo ritengo molto più affascinante. In sostanza dico che il Nuovo Testamento a me pare un prodotto del pensiero greco ellenistico calato su un personaggio che era, se è esistito, uno dei tanti rabbi giudei predicatori messianici del tempo. Quando dico del tempo intendo dire tra il I secolo a.c. e il I o II secolo d.c. quando c’era un proliferare di attività messianiche e quando di predicatori messianici. Su di Gesù è stata costruita la figura cristica. Però ripeto, non me ne occupo ufficialmente”.
Paolo considera Gesù come un Theos. Elohim in greco si traduce con Theos, potrebbe esserci qualche collegamento fra Gesù e gli Elohim? “Visto che nella croce lui come ultima frase finale si rivolge ad un El, cioè singolare di Elohim, direi che probabilmente qualcosa aveva a che fare. Tu giustamente hai citato Paolo, lui nella lettera ai Corinzi dice: come è vero che ci sono molti Theoi, ma per noi ce n’è uno solo. Il termine greco Theoi traduce Elohim, dunque lui stesso riconosce la molteplicità di quegli individui, d’altra parte lui era un giudeo, dunque sapeva bene come stavano le cose”.
Qual è la tua posizione su Maria? “Allora, facciamo finta che Gesù sia esistito. Si dice che sua madre sia stata visitata da un Gabriel e lei sia rimasta in cinta senza conoscere uomo. In ebraico Gabriel significa potenza di El o qualcuno che esercita il potere per conto di un El. Questo potrebbe indurre un sospetto che qualcuno che operava per conto di un El abbia agito su di lei in modo che lei avesse questo figlio”. Un intervento di natura genetica? “O magari un semplice rapporto sessuale”. A me risulta ostico accettare il tuo dubbio sull’esistenza di Gesù… “Ma perché non esistono prove storiche vere, poi, se tu mi chiedi cosa penso io sono fra quelli che ritengono che sia realmente esistito”. Vieni spesso citato da un sito ebraico, il forum Consulenza Ebraica, e tu spesso menzioni loro durante le conferenze. In realtà sono emersi molti punti di convergenza con loro. Giusto? “Si all’interno di questo forum di Consulenza Ebraica vengo spesso menzionato. Si parla di tutti questi temi biblici, ad esempio per quanto riguarda la concretezza degli angeli, intesi non come entità spirituale, per quanto riguarda i cherubini dell’arca dell’alleanza intesi come robot, per quanto riguarda la non esistenza di satana, per quanto riguarda che la Bibbia parla di ingegneria genetica. Loro affermano che queste cose si sanno da sempre. Per altro, come mi hai fatto sentire prima, quando il Rav Di Segni afferma che sono concetti che si conoscono da millenni. Benissimo, se le sappiamo queste cose, diciamole. Cioè, se io le dico, nessuno si deve arrabbiare insomma, visto che si sanno da sempre. Altro discorso è quello relativo a Yahwèh perché c’è chi identifica in lui – e li capisco - come il più grande degli Elohim o addirittura l’unico degli Elohim. E’ chiaro che in quest’ultimo caso non si può concordare con me su ciò che io ricavo dal testo in relazione a Yahwèh”.
Ma Elohim riferita a gruppo di persone, come viene considerato da loro questo termine? “Consulenza Ebraica dice che quando si riferisce alla molteplicità in genere vuol dire Giudici”.
So che hai anche rapporti diretti con una studiosa ebrea della comunità ebraica di Roma che fa parte di un gruppo di studi che si occupa di Torah. Anche lei è d’accordo sulla molteplicità degli individui riferiti al termine Elohim? “Si, anche lei è d’accordo”. E questa studiosa ebrea di Roma come considera il termine Elohim in riferimento a un gruppo di individui? Traduce anche lei questo termine con Giudici? “No. La studiosa romana ritiene che Yahwèh sia uno dei tanti Elohim”. Mi chiedo come questa studiosa possa far conciliare l’essere ebrea con la teoria sulla molteplicità degli Elohim. Mi chiedo in sostanza se un ebreo che crede nella molteplicità degli Elohim in carne ed ossa possa davvero considerarsi un ebreo “Non saprei nemmeno se definirla religione quella ebraica, per la verità. Il cristianesimo è la religione della fede, cioè: credo in ciò che non vedo. L’ebraismo è un sistema di pensiero basato sulla fiducia, cioè basato su un patto. Quindi, l’ebraismo giustamente dice:noi abbiamo fatto un patto perché ci è stato proposto con questo Yahwèh. Noi cerchiamo di rispettare alla lettera la nostra parte del patto e Yahwèh prima o poi deve rispettare la sua. Quindi non è tanto un discorso di credo in ciò che non vedo, ma di fiducia nel fatto che l’altro contraente del patto rispetterà la sua parte. Quindi sono due forme di pensiero totalmente diverse. Tra l’altro io capisco quando si dice che queste cose si sanno da sempre, come dice il Rav Di Segni, che gli ebrei non abbiano la necessità o desiderio di comunicarle verso l’esterno queste cose, perché in questo hanno ragione. L’antico testamento è un libro che riguarda loro, i cristiani se ne sono appropriati in un modo assolutamente artificioso e ne hanno fatto il loro libro. Ma quel patto, quella alleanza, riguarda Yahwèh e gli ebrei. Quindi, nel momento in cui gli ebrei vedono che i cristiani male interpretano questo libro non se ne curano. Loro non sentono ne il bisogno ne il dovere di spiegarlo ai cristiani perché quel libro riguarda loro”. Non hai mai detto chi sia questa studiosa ebrea appartenente alla comunità di Roma. Ma è lei che ti ha chiesto espressamente di non rendere pubblico il suo nome? “Si”.
Va ancora avanti questa collaborazione? “Certo”.
Ho notato che di recente c’è stato un cambiamento di rotta sul proporre l’ipotesi aliena a riguardo degli Elohim. Ultimamente enfatizzi meno questa eventualità, temi che possa danneggiare il tuo lavoro dal momento che si tratta di un’ipotesi che può essere ritenuta poco plausibile? “Si, c’è stato un cambiamento ma che sta avvenendo in modo naturale determinato soprattutto da ciò che scrivono e analizzano criticamente il lavoro. Mi spiego, siccome coloro che criticano – giustamente – il mio lavoro, pongono l’accento sulla questione Dio, allora anche io ho redirezionato la mia esposizione nello spiegare che la Bibbia non parla di Dio. Questo succede da circa un anno e mezzo. Dopodiché di chi parla la Bibbia diventa allora un passo successivo. Ma è diventato molto più importante arrivare a chiarire che la Bibbia non parla di Dio. In una fase successiva ci si può arrivare a chiedere: chi sono questi Elohim, visto che Elohim non è Dio?” Questa decisione l’hai presa in autonomia o è stato un suggerimento del tuo editore? “Io faccio tutto, solo, in autonomia”. Tu sei ateo? “Agnostico”. Qual’e la sua posizione a riguardo gli esorcismi e le possessioni diaboliche? “Gli esorcismi si fanno in funzione delle figure dei diavoli e dei demoni che derivano dalla Bibbia. Siccome nella Bibbia queste figure di fatto non ci sono a partire da satana, puoi immaginare che cosa ne penso”. Dunque ritieni si tratti di fandonie? “Direi che per questo tipo di problematiche le persone dovrebbero rivolgersi a un psicologo o a uno psichiatra”. Ripeti spesso che alcuni racconti del vecchio testamento sono una rielaborazione dei testi sumero accadici. Quali letture ci suggerisci per verificare queste tue affermazioni? “L’Atrahasis, dunque l’epopea di Gilgamesh e l’Enuma Elish. Si trovano facilmente delle pubblicazioni. Questi sono i testi relativi alla creazione e al diluvio da cui sono derivati soprattutto i racconti che troviamo ne libro della Genesi. Per quanto riguarda la fabbricazione dell’Adamu, per esempio, c’è una bellissima pubblicazione Utet sulla mitologia sumerica, sono circa settecento pagine di traduzioni fatte da traduttori accademici dei testi sumero accadici”. Tempo fa dicesti che la Kabbalah contiene della verità, ma poi, nei tuoi discorsi fai intendere che è stata “cucita” su misura sulla Torah. Mi sembra di capire che la pensi allo stesso mono a riguardo del Talmud e del Midrash. Vuoi aggiungere altro? “Si. La Kabbalah è una delle fonti di elaborazioni mistico-teologiche fatte sul testo antico. Come tale la considero. Per me è uguale alla teologia, ho lo stesso tipo di considerazione. Tra l’altro supponendo che la Kabbalah sia una sola, le correnti cabalistiche sono tante e sono spesso i contrasto insanabile le une con le altre. Quindi anche li non c’è la verità”.
E cosa ne pensi del sistema ebraico di numerologia , la Ghematria?” “Quando ci si mette ad elaborare da quel punto di vista si ottiene qualunque cosa… dunque…”. Nel tuoi ultimo libro fai riferimento al passo della Genesi 14,20 relativo alla decima. Saprai certamente che per il pensiero ebraico la decima assume un valore spirituale. Gli ebrei osservanti donano il dieci per cento dei loro guadagni in beneficenza. Cosa ne pensi? “Si ma io parlo di Vecchio Testamento e li la decima è materiale. Yahwèh fa sempre l’elenco delle cose che vuole. L’elaborazione spirituale è successiva. Io mai darei la decima ad un governatore militare a meno che mi costringa con la violenza ovviamente. Voglio dire, adesso pago le tasse e in realtà pago la cinquantesima, mica solo la decima. Lui era ancora onesto”. Secondo i tuoi calcoli e analisi fatte sui testi biblici, quanti anni può aver vissuto Yahwèh? “Molti dei secoli dei nostri”. Ma un Elohim poteva vivere così a lungo? “Direi di si. Se noi prendiamo i racconti degli antichi sacerdoti, come Manetone o Berosso, parlano di età possibili di quelli li di alcune migliaia dei nostri anni e la cosa non mi stupisce. Il fatto che ci siano degli esseri viventi che possano vivere così a lungo è un fatto che trova una conferma sul pianeta terra. Se noi prendiamo una farfalla che vive quarantotto ore e prendiamo una testuggine che vive duecento anni, vediamo che la testuggine vive alcune migliaia di volte la durata di vita di una farfalla. La cosa interessante è che sono fatte dello stesso dna, della stessa biochimica, con le stesse sostanze, vivono sullo stesso pianeta, respirano la stessa area. Un Elohim, e voglio sparare, che vivesse trentamila anni vivrebbe solo cinquecento volte la durata della nostra vita. Non ci deve stupire, soprattutto se questi avevano un dna con caratteristiche leggermente diverse dalle nostre e la possibilità di intervenire sul dna così come sta facendo la genetica attuale che intervenendo attraverso la telomerasi, che è un enzima che noi abbiamo. Stanno allungando di molto la vita dei topi. Quindi prima o poi lo si farà sull’uomo”. Sempre nel tuo ultimo libro fai riferimento a Numeri 15, 32-36 dove Yahwèh da l’ordine di uccidere colui che non aveva rispettato il riposo durante Shabbat. Dal momento che tu fai riferimento a Yahwèh come a un militare, questa situazione non sembra avere nulla a che fare con questioni militari, che spiegazione offri in questo caso? “Non offro interpretazioni. Io dico, siccome questo era un comandante militare, e diceva o voi eseguite i miei ordini oppure io vi ammazzo, per lui era fondamentale che quella gente eseguisse i suoi giorni. Il fatto che si arrivasse a questo tipo di azioni che per noi sono assolutamente irrazionali e crudeli, in un mondo come quello secondo me è assolutamente normale. Non dimentichiamo che stiamo parlando di alcune migliaia di anni fa, con un livello di cultura e civiltà decisamente diverso dal nostro. Anche i dittatori del novecento facevano uccidere per quello che noi riteniamo essere delle motivazioni assolutamente prive di giustificazione. Sarebbe un dramma, se fosse Dio, ma se prendiamo atto che lui era un comandante militare che doveva tenere assieme della gente, non poteva fare diversamente”. Nel tuo ultimo lavoro metti in evidenza due nomi di donna, che sarebbero appartenuti ad una presunta compagna di Yahwèh. Il primo è Asherah, il secondo è Anat-Yahu. Entrambi i nomi trovano corrispondenza su documenti extra biblici che descrivi in dettaglio nel tuo ultimo libro. Secondo il tuo punto di vista potrebbero essere due nomi riferiti a due donne distinte? “Questo non te lo so dire. Queste sono iscrizioni che sono state trovate dagli archeologi e poi studiate dagli epigrafisti, che sono pubblicati, per esempio, nei lavori del professor Garbini dell’Università La Sapienza di Roma, dove si parla appunto di queste iscrizioni dove viene citata espressamente la compagna di Yahwèh che nel sito del Neghev è chiamata l’Asherah, presso la comunità ebraica di Elefantina in Egitto – sostiene il professor Garbini - era chiamata Anat-Yahu”. Tu sostieni che le diverse razze potrebbero essere giustificate dall’esistenza diversi “laboratori”. I cosiddetti Gan Eden sarebbero stati sparsi sul pianeta e dunque in grado di produrre diverse razze di Adam. Come potrebbe essere andata? “Si, è un’ipotesi plausibile. Non mi stupirei se un giorno la genetica arrivasse a stabilire che le varie razze sono prodotti indipendenti l’uno dall’altro, cioè non è che i neri poi son diventati bianchi perché non c’era più il sole e così via. Nel mio ultimo libro ho pubblicato lo studio di genetisti e biologi molecolari che stanno cominciando ad avanzare delle ipotesi che tengono conto della possibilità che l’homo sapiens sia il frutto di un’evoluzione pilotata, cioè che da un certo momento in avanti qualcuno sia intervenuto e abbia cominciato a pilotare quindi a dare dei colpi di acceleratore per far si che questo essere, questo ominide, che si stava sviluppando lentamente per conto suo, in realtà siano stati poi accelerati in direzioni ben precise. Si ipotizza che sono stati fatti molti esperimenti e che alla fine si siano affermati quelli che funzionavano meglio. Ad esempio il Neanderthal evidentemente funzionava meno bene del sapiens e quindi si è estinto. Che ci sia stata un’accelerazione questo gli studi genetici lo affermano in modo molto chiaro, rimane il problema di spiegare come. Rimane inoltre da spiegare come noi abbiamo una serie di sequenze geniche che non si sa da dove arrivino perché non le condividiamo con altri e che sono quelle che fanno si che noi siamo Sapiens. Una parte di studiosi inizia ad affermare che se ipotizzassimo che ciò che c’è scritto nei testi antichi sia vero, cioè che sono arrivati dei figli delle stelle che hanno fabbricato l’uomo, allora possiamo ipotizzare ad avere delle risposte per capire da dove ci arrivano queste cose che noi abbiamo dentro. Questo ce lo raccontano i popoli di tutti i continenti, non soltanto la Bibbia”. Ma non credi che tutte queste informazioni che stai cercando di diffondere, possono far più male che bene alla gente? “Si, lo so che possono far male perché mettono in crisi, ovviamente. Io dico sempre, se si ha una fede salda, non se la deve far fregare dalle cose che dico io perché se Dio esiste, per fortuna, non ha bisogno dell’antico testamento. Chiunque legga l’antico testamento si pone automaticamente delle domande sul Dio della teologia. Non può non porsele, non può. Non è un caso che dal 1200 fino al 1800, quindi per sei secoli la chiesa abbia spesso e ripetutamente ed espressamente proibito di leggere la Bibbia, in certi periodi addirittura di possederla. Si rischiava di finire sotto l’inquisizione per il solo fatto di possederla. Questo non è un caso perché la chiesa sa che se si legge la Bibbia (n.d.r. Vecchio Testamento), quanto meno vengono fuori delle domande. Ma ammettiamo che siano vere le cose che dico io, in quel caso la responsabilità è mia o la responsabilità è di quelli che hanno inventato?” Qualora avvenisse un salto di livello sulla diffusione delle cose che dici, potrebbe essere a rischio la tua incolumità? “Minacce ne ho già ricevute, io vado avanti tranquillamente, nel senso che poi se deve succedere qualcosa succederà, fino a quel momento voglio vivere la mia vita esattamente come la vivevo prima”. Si ringrazia l’Hotel Savona di Torino per l’ospitalità. ![]()
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