Intervista a Susanna Serafini Curiosità e retroscena di una danza magica: il valzer dell'800 aa
di Egizio Trombetta - 30.06.2018. Susanna Serafini, direttrice e docente di danza classica e danze storiche presso l’Istituto Superiore di Danza, da anni insegue un sogno: diffondere il valzer ottocentesco nella sua città, Roma. La professoressa che stiamo per intervistare insegna dunque a Roma e dintorni, per tanti anni è stata l’unica Maestra a credere e in questa danza di coppia. Il suo seme è germogliato, i suoi allievi sono corteggiatissimi e altri insegnanti hanno deciso di seguire la sua strada. Chi meglio della professoressa Serafini può raccontarci le emozioni offerte dal valzer? Per ulteriori approfondimenti sul valzer ottocentesco visitate la pagina Facebook: Valzer da Strada https://www.facebook.com/valzerstrada/
precisa. Non mi interessava fra l’altro fare la quinta o la sesta scuola di danze ottocentesche. Ho cercato fin da subito di diversificare il mio lavoro e per farlo sono andata incontro alla danza che mi piace di più”
Siamo impazienti e vogliamo sapere come si balla questa danza!!! Professoressa Serafini, ci aiuti!!! Ecco, facciamo finta che… avrei un’urgenza, fra pochi giorni partecipo al mio primo Gran Ballo, ma non sono in grado di ballare il valzer. La chiamo al telefono, le chiedo supplicandola di darmi qualche consiglio. Lei come me lo spiegherebbe, il valzer? “Le direi, si goda lo spettacolo da seduto, si goda il valzer degli altri, il valzer è uno spettacolo in se stesso se ballato bene, non c’è bisogno di umiliarlo con una spiegazione per le vie brevi. Il valzer si balla, non si farfuglia”
Il suo messaggio ci arriva forte e chiaro, per ballare il valzer occorre impegno, perseveranza e soprattutto non si improvvisa. A questo punto credo sia doveroso provare a far subito chiarezza. C’è chi confonde il valzer ottocentesco, quello che insegna lei, con il valzer standard o con il valzer viennese. Quali sono le differenze fra tutte queste tipologie di valzer? “Nel valzer standard, che si avvicina molto al valzer viennese, si parte con le ginocchia leggermente piegate e con un tipo di impostazione chiamata a quadrato. I passi dello Standard sono allungati e sono anche un pochino più grandi rispetto a quelli eseguiti nel valzer ottocentesco. Ci sono inoltre delle figure di chiusura e apertura nella coppia che noi non abbiamo. Nello standard il capo dei ballerini è leggermente girato a sinistra. C’è l’inclinazione del torace della donna all’indietro. Anche l’uomo inclina il torace ma leggermente di meno rispetto alla donna. Dunque le posture sono abbastanza diverse. Nel giro sinistro c’è l’incrocio della gamba avanti. Nel valzer ottocentesco, invece, la partenza è in posizione naturale e può essere o in prima posizione o in terza. Il tallone è leggermente sollevato della gamba che inizierà a ballare. Lo sguardo è rivolto verso il partner. La mano sinistra della donna è sul bicipite omerale del cavaliere. La mano del cavaliere con la mano rivolta verso l’alto. La mano della dama con il palmo rivolto verso il basso. Questo modo di tenere la mano cambierà nel corso del secolo. Successivamente le mani di entrambi i ballerini saranno inclinati verso il basso. La postura nel valzer ottocentesco è assolutamente verticale. L’etichetta dell’epoca prevede un certo contegno e misura durante la danza per entrambi i ballerini. Nel Valzer Standard (o Viennese n.d.r.) invece la qualità del movimento è diversa, molto più “lunga” e dinamica. Nel Valzer Ottocento è invece più contenuta, elegante e raffinata”
Potrebbe dirci qualcosa sulle origini di questa danza? “Sicuramente inizia a diffondersi da diversi anni prima del Congresso di Vienna e viene ballato in Austria, in Francia, in Germania, in Inghilterra e in Italia assumendo nei diversi cotesti velocità e forme leggermente differenti. Ho stilato per puro diletto un piccolo elenco di persone che hanno parlato in passato del valzer in maniera più o meno scientifica. Abbiamo nomi quali Wilson, Girodet, Gavina, Klinkenberg, Menil , Destra, Cellarius, Laborde, Petrovsky, Blasis, Folega e Duran. Ognuno di questi personaggi ha contribuito in modo significativo nell’evoluzione di questa danza. Trovo che la posizione di Curt Sacs sia quella diplomaticamente più corretta. Lui dice che tutte le nazioni europee rivendicano la paternità del valzer, ma sostanzialmente afferma che il valzer è da intendersi come movimento middle-europeo che si è manifestato al centro dell’Europa per poi allargarsi in altri territori per poi assumere la forma che conosciamo noi ora, ovvero un valzer che risale ai primi anni dell’ottocento. Come tutti riconoscono, è il Congresso di Vienna nel 1815 a regalare la meritata ufficialità al valzer. Dal Congresso di Vienna in poi si danzerà nelle corti e nei balli ufficiali, esce dalla clandestinità e entra nella mondanità. Si diffonde in Austria, Inghilterra, Italia e in Francia, dove ci sono fonti che dimostrano che era già iniziato con Maria Antonietta d’Asburgo Lorena. Già nel 1816 Wilson codifica il valzer, quindi si può facilmente dedurre che fosse in voga già da diverso tempo. Lui di fatto lo codifica con le forme di valzer che conosce”
Ma ai giorni nostri qual è il valzer più diffuso? “E’ il valzer standard. Nei nostri giorni viene definito un valzer secondo uno stile standard che risale all’anno 2000. Il Valzer Standard è riconosciuto nelle gare nazionali e internazionali. Nel mondo delle danze non professionali, abbiamo anche il Valzer Romagnolo. Solo da una ventina di anni a questa parte sono nate in Italia e in Francia delle associazioni con questo gusto nostalgico di riproporre queste danze che dall’inizio della prima guerra mondiale sono cadute in disuso. Mi riferisco a danze quali Valzer, Mazurka, Polka”
Professoressa Serafini, invece dal punto di vista musicale cosa contraddistingue un Valzer Viennese da un altro tipo valzer? “Soprattutto per le battute al minuto, per il Viennese son 56/60 battute. Il valzer Inglese, ovvero il valzer dei diciotto passi, va da 28 a 30 battute che in Italia viene chiamato Valzer Lento. Noi sappiamo inoltre che il valzer russo era un valzer “corto” e veloce che veniva a volte ballato in due tempi”
Che danze si praticavano prima dell’avvento del valzer e quali erano le danze praticate nei balli di corte e quali erano le danze praticate dal popolo? “Si ballava la Gavotte, la Pavana, il Minuetto, questo sono più o meno le danze del settecento delle corti. Erano danze basse, ovvero danze eleganti, dove ci si sollevava poco dal pavimento. Erano soprattutto passi strisciati perché all’epoca venivano considerato disdicevoli fare dei movimenti scomposti e esagerati. Le danze a corte erano sempre molto compunte e molto eleganti e quindi si chiamavano danze basse, appunto. Le cosiddette “danze alte” erano invece le danze del popolo, come il branle, ma anche il valzer. Il valzer nella prima forma era una forma sicuramente da popolo. In queste danze i piedi si sollevano dal pavimento, le ginocchia si piegavano molto”
Dunque il valzer veniva ballato anche dal popolo? “Si, anche il popolo ballava il valzer. A riguardo del valzer si può affermare che nella sua prima forma il valzer era da considerarsi una danza popolare”
A un certo punto danze come Minuetto vanno nel dimenticatoio. Colpa del valzer? “Dal 1879, cioè dalla rivoluzione francese, il Minuetto cade in disgrazia perché è l’emblema di un mondo da rottamare come diremmo noi oggi e si prepara la via al valzer con il Dreher e il Ländler, e Mozart ce lo insegna. Il popolo danza forme analoghe, meno coreografate e più libere” In quale ceto sociale si diffonde inizialmente il valzer? “Inizialmente si diffonde nel ceto popolare, successivamente nel ceto borghese per poi arrivare ai ceti più alti. La spinta proviene dunque dai ceti bassi, come d’altronde è stato per tutte le altre danze. Ma c’è anche da sottolineare che Il valzer prima di arrivare al ceto aristocratico viene filtrato dai maestri. Fra il popolo invece si balla per imitazione e non perché insegnato da maestri di danza con tanto di regole e precise indicazioni sulle posizioni dei piedi”
Con il diffondersi del valzer le contraddanze e le quadriglie subiscono una flessione, perché? “Perché la gente si annoiava. La gente una volta conosciuta questa danza così nuova, così diversa, che dava un senso di stordimento a causa delle continue rotazioni sceglie la nuova danza e lascia e mette da parte le altre. Considerando che nel frattempo si diffonde la cultura romantica, assolutamente affine nel vivere le passioni che può offrire una danza come il valzer”
Ci sono associazioni che spingono per dar nuovo lustro a danze, contraddanze e quadriglie che nell’ottocento furono soppiantate dal valzer. Per quale motivo c’è questa tendenza, per ragioni di business? “Si anche per ragioni di business, anche se spero che non ci sia soltanto del business, anche se in alcune grandi associazioni è chiaro che questo è il fine. Ma in un certo senso si tenta di riprodurre anche le feste dell’ottocento le altre danze venivano comunque danzate. Tutta la danza in Italia è terra di conquista, di mestieranti e faccendieri, molti si definiscono maestri senza avere neanche un passato da ballerino, non sanno stare in prima e contare la musica. Inoltre credo ci sia un po’ di gusto retrò, di nostalgia per un passato e per un mondo educato e raffinato nei modi e nei pensieri che ormai ai nostri giorni è difficile trovare. La comunione di questi fattori porta alla sopravvivenza di tante associazioni di danza ottocento che troviamo presenti nel nostro territorio”
Ora sarebbe opportuno soffermarsi sulle origini del valzer? “Per quel che riguarda le origini del valzer il discorso è molto ampio, controverso e ancora in una fase di definizione. Prima di parlare del valzer in quanto danza è importantissimo inquadrarlo dal punto di vista musicale. Le prime forme di ciò che ora chiamiamo valzer, musicalmente parlando, le ritroviamo in autori affermati, come Haydn , ne abbiamo esempi nel 1766 e adotta questa terminologia “mouvement de valse”. Tra il 1787 e 1792 Mozart nel Don Giovanni, nel primo atto, utilizza una musica in 3/4 che potrebbe in qualche modo indicarci un’analogia al valzer e viene chiamata Teutschen. Il musicista che ha definito per primo il valzer fu nel 1819 Carl Maria von Weber con il suo “Invito alla danza” consentendo così alla struttura musicale del valzer di ottenere maggiore visibilità. Nella seconda metà del settecento abbiamo delle forme musicali che potrebbero avvicinarsi alla struttura del valzer. Critici e studiosi menzionano il Ländler e Dreher come forme di valzer. Queste danze che venivano danzate con un ritmo a 3/4 o 3/8 ma con una frequenza di metronomo di quarantotto battute al minuto; dunque più lenta rispetto al Valzer Viennese. Più lente soprattutto perché anche questa danza parte dal popolo. La tradizione vuole che queste danze fossero ballate con gli scarponi chiodati, di conseguenza i movimenti veloci non erano proponibili. Non ci sono reperti visuali su cui poter far riferimento, ma solo vari documenti scritti. Le descrizioni che ci sono giunte sono varie e diverse e spesso poco chiare. Ciò nonostante il punto comune è che l’uomo teneva per la vita la dama che a sua volta ricambiava con lo stesso abbraccio alle spalle o alla vita. Questo atteggiamento portava nella danza per la prima volta una circolarità nei movimenti. Questa forma di abbraccio così strano si trova poi nel valzer musette”
Cosa ci dice a riguardo del valzer musette? “E’ un valzer francese di origine popolare che si ballava in provincia con l’aiuto della fisarmonica, molto carino ma anche piuttosto primordiale. In questa tipologia di valzer non riscontriamo né la potenza musicale dei valzer di Strauss ne l’eleganza delle gestualità codificate per il valzer viennese.
Molti storici sostengono che il valzer derivi da danze similari che lo hanno preceduto. Secondo lei cosa ha ripreso il valzer queste altre danze? “Secondo me il valzer non ha preso nulla “consciamente” da danze quali la Volta, il Ländler, il Dreher o l’Allemanda. In altre parole, il valzer è arrivato a essere la danza che conosciamo non attraverso un processo “conscio”. Non c’è stato un progetto, come a dire: dalla Volta si prendono queste caratteristiche, dal Ländler queste altre e dal Dreher queste altre ancora. La mia posizione è che non ci sia stata una “mente” coordinatrice in questo processo che successivamente portò allo svilupparsi del Valzer, almeno secondo me. C’è anche da dire che Il ritmo di 3/4 si prestava particolarmente per la danza a coppia chiusa”
Ve bene, ma il volteggio? Lo prenderà almeno da una delle danze che hanno preceduto il valzer. Per esempio dalla volta? “Si ma il volteggio è talmente diverso da nazione a nazione, da autore a autore e anche da valzer a valzer che non so se si possa definire un’accademicità di questo conteso. Se poi analizziamo alcuni fattori ci accorgiamo, esempio, che la volta fu accostata al valzer in primis perché era anch’esso a coppia chiusa e poi soprattutto per la vicinanza dal punto di vista musicale. Dunque per il ritmo ternario e l’accento musicale forte sulla prima. Se c’è un accento musicale vuol dire che c’è un passo più importante. Personalmente mi rifiuto di pensare che il valzer abbia questa origine. Il volteggio della volta lo trovo talmente brutto, talmente sconveniente, che non ritengo possibile un simile accostamento. La volta addirittura prevedeva il sollevamento della dama con una ginocchiata del cavaliere… Era un tipo di danza che andava bene nel medioevo, ma non era adeguata in una società fra fine settecento e ottocento”
Che differenze ci sono fra il valzer praticato a fine settecento, il valzer praticato a inizio ottocento e infine quello praticato verso la fine dell’ottocento. “Ci sono molteplici differenze e su tali differenze descritte in una bibliografia molto vasta. Riassumerle in questa sede sarebbe fuori luogo. Si può dire però che alla fine del settecento è più frequente il 3/8 che il 3/4 il cui valzer si balla affiancati. All’inizio dell’ottocento invece è fortemente caratterizzato dalla chiusura della coppia e soprattutto dalla posizione della coppia rispetto al cerchio, perché il cavaliere ha le spalle rivolte al centro, invece la dama le ha rivolte verso l’esterno. La prima forma è con l’uomo che apre a sinistra lateralmente, è sufficiente leggersi il testo di Wilson (“Correct Method of_Waltzing”, N.d.r.), è chiarissimo. Fermo restando che si tendeva sempre girare sempre a destra. Dalla descrizione dei maestri che prima ho citato cominciano a scorgersi le prima variazioni. Di conseguenza gli abbracci iniziano ad essere differenti, in alcuni casi la mano sinistra della mana si posava sulla spalla e in altri casi dietro la spalla del cavaliere. In altri casi con la mano verso il basso per entrambi i ballerini. E così via”
Il valzer fu considerato in più di un’occasione disdicevole e osceno! In alcuni casi venne anche proibito... Ernst Moritz Arndt scrive all’epoca “i cavalieri sollevano i vestiti e volteggiano in modo sconvenientissimo..." “La testimonianza di Moritz Arndt avrà sicuramente ragione di essere. Infatti si sa che le origini del valzer sono popolari e licenziose. Già al tempo dei maestri, cioè al tempo della codificazione delle regole del bon ton, questa danza veniva considerata come troppo libera, la donna nelle braccia dell’uomo, i passi stessi che si compenetrano nella danza. Il poter dirigere la dama dove si voleva concedeva al cavaliere una supremazia che prima non era consentita. I giri più o meno vorticosi che facevano perdere l’orientamento a fragili creature educate nella buona società e ingessate da bustini steccati e bloccate da comportamenti rigidi faceva di questa danza una nemica della virtù muliebre e quindi disdicevole. Si dice che la puritana regina Vittoria, pur amando il Valzer, ne aveva fissato alcune regole inderogabili per la sua corte: la distanza fra cavaliere e dama, la velocità assai rallentata per mitigare la sensazione di capogiro e la perdita di controllo. E’ proprio da questa volontà della regina Vittoria che nasce il Valzer Lento, conosciuto anche come Valzer Inglese. Ogni paese europeo tratta questa danza con la sua peculiare caratteristica di tradizione e temperamento, ieri come oggi”
Spesso si assiste a valzer corali coreografati, ma vogliamo parlare del cosiddetto Valzer Libero dove i ballerini avrebbero licenza di creare? Cosa serve per ballare bene un “libero”? “A Vienna, nei vari balli che si tengono da capodanno fino a primavera i valzer sono sempre liberi. Ognuno fa quello che vuole su una data musica. Sostanzialmente nel viennese si gira e basta. Il valzer Libero In Italia ha un significato vario per diversi motivi. Soprattutto significa conoscere la musica in quanto tale e non in nome del valzer. Conoscere la musica talmente bene da saperne assecondare i movimenti interni oltre che la melodia esteriore, Il cavaliere nella fattispecie e la dama di conseguenza debbono possedere la padronanza della tecnica e una fantasia compositiva. I ballerini devono essere complementari e affiatati. Debbono sentirsi continuamente e ciascuno va in soccorso dell’altro qualora ce ne fosse bisogno. Devono creare un nucleo indissolubile che costituisce e realizza gli ideali del valzer, la fusione di due esseri in uno. Per i valzer più impegnativi e lunghi ci vuole anche un po’ di allenamento fisico. Personalmente solo una volta mi è successa questa cosa”
In un ballo c’erano regole da rispettare? “I balli erano regolati da un’etichetta chiarissima ed era impartita dal maestro di ballo, sia durante le lezioni sia durante la vita di tutti i giorni. I maestro era una sorta di insegnante di bon ton. Certi insegnamenti venivano appresi sin da bambini. La dama poteva declinare l’invito se la dama non voleva ballare, ma doveva essere un motivo valido. In questo caso il cavaliere si ritirava in compostezza ma non poteva invitare subito dopo una dama vicina a quella invitata poco prima. Doveva comunque aspettare del tempo prima di invitarne un’altra. Non si poteva invitare più volte la stessa dama di seguito perché ciò avrebbe dato adito a chiacchiere. Non si doveva usare altresì un linguaggio sconveniente. Altre regole precise definivano il comportamento degli invitati soprattutto nella seconda metà del secolo quando i balli vennero aperti alla borghesia”
Un autore tedesco descrive atti di violenza da parte di alcuni cavalieri verso dame che declinavano l’invito a danzare senza una ragione valida. Qual era la condizione femminile a quei tempi? L’autore in questione è Johann von Münster, che nel 1594 descrive in maniera molto vivace l’arte e il modo di danzare in Germania: “Se invece la fanciulla invitata odia il ballo e si rifiuta di seguire il cavaliere per motivi religiosi, morali e per altre ragioni la frittata è fatta. (…) Può picchiarla. Molti prendono le parti del cavaliere e lo difendono dicendo: non si deve rifiutare un ballo a un uomo onesto” “La Germania, forse, non sarà stata un modello per etichetta e bon ton per quei tempi, credo sia preferibile rifarsi ad autori italiani o francesi”
Se la dama ha qualche chilo in più e possiede una buona tecnica può costituire il pilastro della coppia? “Penso di si. Se una dama di un certo peso sa ballare può portare il cavaliere”
Secondo un altro autore il valzer sarebbe stato il primo ballo di coppia dove la donna non è più così subalterna dunque la natura del valzer risulta essere più egualitaria rispetto alle danze precedenti. Cosa ne pensa? “No non sono d’accordo su questa versione, c’è chi dice esattamente il contrario. Ma si può anche dire che è egualitaria in quanto la dama esegue gli stessi passi dell’uomo in ordine inverso. Ma la donna è subalterna all’uomo perché è l’uomo che dirige la dama”
Come dovrebbero essere le coppie in termini di proporzioni? “Dovrebbero essere ambedue leggeri e agili, la donna un pochino più bassa ma energica”
E se c’è una coppia fuori da questi standard che si fa? A volte ci sono uomini molto più alti oppure donne più alte dell’uomo?“Possono ballare, non c’è problema, ci si può divertire comunque. Se ti capita un uomo molto più alto o una donna più grassa ti tieni quello che hai. Ma a livello di spettacolo non lo farei mai”
Nel valzer ottocentesco vengono spesso inserite figure che non hanno nulla a che fare con il valzer, sono di fatto prese in prestito da altre danze coeve al valzer. Come e quando nasce questa tendenza? “Vengono inserite dai maestri dell’ottocento essenzialmente per rendere più vario il ballo e concedere ai ballerini un pausa con le rotazioni e di essere più a tempo con la musica. Non si può pensare di ballare per lungo tempo sempre girando”
Secondo alcuni sociologi dell’ottocento il valzer genererebbe nei danzatori uno “stato alterato di coscienza”. Ma succede proprio questo ballando il valzer professoressa Serafini? “Si potrebbe essere vero. Il valzer provocava un certo senso di ebrezza, così dicevano tutti. A me piace il valzer, ma ho praticato danze in cui l’adrenalina era ancora più alta”
Nella sua carriera di insegnante di danza le è capitato di riscontrare questo “stato alterato di coscienza” in qualche suo allievo? “Nell’ambito della danza ottocentesca è più facile riscontrare persone che l’hanno provato perché si arriva a un’età matura senza aver mai provato questo tipo di emozioni e allora può avvenire qualcosa di simile… qualcuno mi è capitato, direi… Nell’ambito del classico invece è fondamentale possedere un grandissimo controllo, tutta questa energia viene controllata altrimenti si rischia, attraverso l’emotività, di perdere il lavoro. Anche se di fatto il controllo non si deve percepire perché tutto deve apparire fluido”
Ne “I dolori del Giovane Werther” di Goethe, gran conoscitore di questa danza, leggiamo: “Per dirti la verità, Guglielmo, ho giurato che se amassi una fanciulla e aspirassi a lei, dovrebbe ballare il valzer soltanto con me e non con altri, a qualunque costo. Tu mi capisci, è vero?”. Qual è il suo pensiero?“Li trovo dei stati d’animo tipicamente romantici, definibili oggigiorno con italica gelosia se provata da soggetti italiani peraltro in assoluto contrasto con le elementari norme di bon ton e di etichetta. Dunque trovo questi atteggiamenti disdicevoli Al valzer si avvicinano essenzialmente persone avanti con gli anni. Cosa si può fare per avvicinare più giovani a questa danza? “In Italia o all’estero il valzer è sinonimo di ballo tradizionale in uso solo in ambasciate, consolati, matrimoni o debutti in società. In tutti questi eventi è ridotto a ridicole coreografie. Purtroppo in Italia la situazione della danza è problematica perché non appartiene più al nostro patrimonio culturale. E’ molto difficile avvicinare i giovani a questo tipo di danza. Personalmente non faccio nulla per avvicinare i giovani a questa danza, ma bisognerebbe fargli capire che la danza di coppia è gioia e non un nemico da combattere”
Ci sono più dame che cavalieri. Cosa si può dire ai signori uomini per farli avvicinare al valzer? “Ai signori uomini italiani bisogna far cambiare la mentalità. La donna culturalmente è più vicina alla danza, mentre l’uomo è più portato ad attività più pesanti”
Nel 2016 lei hai compiuto quarant’anni di attività. Immagino ci siano bei momenti da ricordare… “I momenti belli sono stati tanti, quei momenti quando gli occhi ti si bagnano e le parole non ti escono, per le emozioni che mi danno gli allievi e le allieve che prese le ali da me ora volano nella danza qualsiasi essa sia. E questo, vale anche per il valzer”
Ci può fare una sintesi delle sue esperienze professionali? “Inizio la mia carriera come insegnante di danza classica diplomata all’Accademia Nazionale di Danza nel biennio specialistico indirizzo classico. Ho sempre dedicato gran parte della mia vita all’insegnamento e dal 2000 ho arricchito la mia formazione sulla danza con l’approfondimento delle danze storiche di società. Fra l’altro nel ’92 vinsi un concorso nazionale a cattedre indetto dal ministero della pubblica istruzione di storia della danza. Avevo dunque una doppia specializzazione, ovvero Storia della Danza e Danza Classica. La Storia della Danza mi ha portato a dedicarmi a delle danze alle quali prima avevo fatto poca attenzione, in quanto ballerina classica. Da diciassette anni a questa parte mi sono dedicata all’apprendimento delle danze storiche che si possono considerare il proseguimento naturale della danza classica. Successivamente mi sono dedicata all’insegnamento delle danze storiche e ho poi deciso di dedicarmi all’insegnamento del solo valzer. Il valzer, fra le danze ottocentesche, è quella che mi risulta più congeniale, me lo sento più vicino, sia per stato d’animo sia dal punto di vista musicale”
Quali sono le differenze nel passare a insegnare a allievi giovani a allievi “giovanili”? “Con gli adulti sono un po’ più morbida, più disposta ad ascoltare anche le sciocchezze. Con i ragazzi e bambini la disciplina è fondamentale, non si discute, loro stessi vogliono le regole. Con gli adulti come con i ragazzi l’autorità del maestro non si discute mai, quanto meno in presenza della classe. Qualora si voglia chiarire qualcosa si aspetta la fine della lezione. Sia l’allievo che il maestro si appartano. La lezione non deve mai essere turbata da momenti di tensione che, fra l’altro, tolgono la concentrazione sia a chi balla, sia chi insegna. Quando vado ad allenarmi, io stessa divento allieva. Prima di entrare in classe saluto con rispetto il maestro, ne accetto le critiche, i consigli, le battute e ne sono subalterna. Quando esco dalla lezione torno ad essere Susanna. Questo è indispensabile”
Lei fa spettacoli mandando in scena i suoi allievi anziché servirsi di professionisti… “Far ballare un professionista non ci vuole niente. Basta spingere un altro bottone, spiegare la coreografia e il gioco è fatto. Se è un vero professionista passa da un registro a un altro senza difficoltà. Far ballare un amatore vuol dire avergli trasmesso così tanto da portarlo a un livello massimo di quello che lui può ottenere. Ovvio non tutti gli allievi possono affrontare il pubblico dopo un percorso di studio. Solitamente in scena si portano le persone giovani e viene da se che sia più facile portare un ragazzo o ragazza giovane anziché persone di cinquant’anni. Ma l’importante è essere onesti e non farli passare per professionisti quando professionisti non sono”
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